VIII Rassegna Musicale “I Concerti dello Spazioteatro89”

via Fratelli Zoia 89, Milano

22 febbraio 2009, ore 17.00

...PAZZAMENTE, SMISURATAMENTE...



(S)Concerto di Carnevale


Con i Freakclown

Stefano Locati e Alessandro Vallin

Piercarlo Sacco, violino

Aska Carmen Saito e Luca Schieppati, pianoforte

Con la partecipazione di Mariantonietta Mazzei e Külli Tomingas


D. Milhaud (1892-1974): Le bœuf sur le toit, Cinéma-fantaisie su arie sudamericane, versione dell'Autore per violino e pianoforte

Con una Pantomima liberamente ispirata a Le bœuf sur le toit di Jean Cocteau

Personaggi e interpreti:

Il Barman: Stefano Locati

Un Cliente, un Giocatore, un Policeman: Alessandro Vallin

Una Donna ubriaca: Külli Tomingas

Una Ballerina di Tango: Mariantonietta Mazzei

Uno che si aggira: Annalisa Ferrara


I. Stravinsky (1882-1971): Suite Italienne (dal balletto Pulcinella) per violino e pianoforte

Introduzione

Serenata

Tarantella

Gavotta con due variazioni

Scherzino

Minuetto e Finale


E. Satie (1866-1925): Parade, balletto realista in un atto, versione dell'Autore per pf. a 4 mani

Con Spettacolo di circo e Comica finale dei Freakclown, liberissimamente ispirati a Parade di Jean Cocteau, al quale rivolgiamo, insieme a indelebile ammirazione, le nostre più sentite scuse


Stefano Locati e Alessandro Vallin sono I Freakclown

Dimenticatevi i nasi rossi, le scarpe lunghe, le bretelle, le parrucche colorate, la musica da circo. I freakclown sono due personaggi senza tempo, senza dignità, senza rete. Arrivano da parti differenti per incontrarsi nello spazio scenico, ognuno con il suo carico di nervosismo, sentimento, ironia e pazzia.Lo spettacolo è assurdo, senza senso, avvolto dal bisogno di andare e venire, dalla necessità di lasciare il palco, luogo che li protegge ma li rende anche prigionieri. I freakclown sono clandestini che non possono emigrare, una coppia annoiata che non è in grado di lasciarsi, due lavoratori che non riescono a licenziarsi. Sono due personaggi che, come acrobati sul filo, sono in un continuo equilibrio.Sembrano i protagonisti di un film di Buñuel e al tempo stesso Estragone e Vladimiro di S. Bechett. Da questo susseguirsi di mancate fughe prendono vita sguardi, lotte, balli, giochi, serenate. Sul palco si mescolano le arti circensi come la giocoleria, l’equilibrismo e l’acrobatica con il teatro comico fatto di pantomima e commedia dell’arte I Freakclown nascono nel settembre del 2002 dal desiderio di formare una compagnia di teatro comico, lontana dagli schemi tradizionali. Dopo un inizio prevalentemente tecnico circense si affidano ad Alessandra Pasi, regista ed attrice di “Nudo & Crudo Teatro”. Nell’arco di un anno i Freakclown girano con il loro spettacolo Europa, Francia, Spagna, Portogallo e Germania e tutta l’Italia, dalla Sicilia al Trentino. Nel Settembre del 2003 decidono di ritornare a lavorare con una regista, Rita Pelusio, attrice comica di teatro e televisione. Insieme a Luca Schieppati hanno già dato vita nel 2004 a una particolarissima versione dell'Histoire du Soldat di Igor Stravinsky.


Piercarlo Sacco, allievo di Ivan Krivenski e Salvatore Accardo, è stato premiato in numerosi concorsi internazionali aggiudicandosi il Prix Special du Jury al concorso Y. Menuhin Ville de Paris, fra i giurati, oltre a Menuhin, Gidon Kremer e Vladimir Spivakov. Numerose orchestre lo hanno scelto come solista, anche in veste di direttore solista. Esibitosi per istituzioni musicali quali Società dei Concerti, Teatro alla Scala, Pomeriggi Musicali, Sentieriselvaggi, Salle Berlioz Paris, Radio Nacional de Espana, Teatro Regio di Parma, Accademia di Sofia, Teatro Ponchielli di Cremona, Auditorium Lingotto, Torino. Ha compiuto tournées in Europa, America ed Estremo Oriente. Come camerista è stato ospite di festival quali l’Estate Musicale Chigiana, Festival di Ravello, Società Umanitaria e Sala Verdi di Milano, Sala Grande del Conservatorio di Torino. Vincitore della rassegna internazionale dell’Accademia Filarmonica Romana, del Concorso Internazionale di Caltanissetta e del Concorso “Fuga” di Torino. Ha conseguito il Diploma di Merito dell’Accademia Chigiana di Siena. Con la “Orchestra da Camera Italiana” e Salvatore Accardo ha realizzato varie tournées e numerosi CD per Warner Fonit, Fonè e EMI Classics. Sempre in compagini cameristiche ha suonato con artisti quali Accardo, Rocco Filippini, Franco Petracchi, Emanuele Segre. Dal 2001 al 2004 ha collaborato in qualità di Primo Violino di Spalla con il Teatro Lirico di Cagliari, suonando con Direttori quali R. Frubeck De Burgos, T. Koopman, L. Maazel, G. Pretre, G. Rozhdestvensky, P. Schreier, G. Neuhold, C. Hogwood. Nel 2000 ha contribuito alla realizzazione di un CD prodotto da Hausmusik e UNESCO registrando musiche per violino solo di Bach. Nel 2003, accolto da lusinghiere critiche, è uscito un CD prodotto dall’Accademia Musicale Toscana e SAM Classica interamente dedicato ad Astor Piazzolla in cui suona in duo con il pianista Alessandro Lanini. Sempre nel 2003 è stato pubblicato il suo libro “Apprendre à jouer du violon” edito dalla De Vecchi France. Per oltre sei anni ha affiancato alla sua attività concertistica l’insegnamento. E’ il violinista di Tangoseis, dell’Ensemble Sentieri Selvaggi e del Trio Flores del Alma.

Suona un violino Romeo Antoniazzi del 1901 di proprietà della Fondazione Pro Canale. La critica si è così espressa: “ha letteralmente incantato l’uditorio, mostrando oltre alla capacità tecnica un preciso impegno d’espressione.” R. Tomasina su IL CORRIERE. “Violinista dal piglio agguerrito e civiltà cameristica” F. Cella su AMADEUS “Musicista dal calibro internazionale. Uno dei massimi talenti fra i violinisti della sua generazione” T. Festa su IL CORRIERE DELLA SERA.



Mariantonietta Mazzei comincia a studiare danza sin da piccola, dedicandosi negli ultimi anni, in particolar modo, allo studio della danza contemporanea e della danzaterapia presso la Scuola di danza Sarabanda (Scuola di Formazione in Danza Contemporanea e Danzaterapia e che da più di 20 anni si occupa della diffusione di danza, musica e teatro presso scuole, ospedali, case di cura, ecc) e allo studio del tango argentino (classificandosi al primo posto al Campionato italiano di danze argentine nel 2006) Ha concluso il suo percorso di studi laureandosi in Filosofia con una Tesi sul valore terapeutico della danza. Ha seguito tirocini di danzaterapia con i sordi, con utenze psichiatriche (c/o Ex Ospedale Psichiatrico P.Pini), con i bambini. Ha giä partecipato alle produzioni di SpazioTeatro89, curando nel gennaio 2008 le azioni coreografiche per le Six Epigraphes antiques di DebussyAttualmente tiene corsi di danzaterapia per bambini ed adulti in strutture sia pubbliche che private (Mondomusica, Bandalatina, Spazi Scopricoop).


Külli Tomingas è una cantante, un mezzosoprano lirico di coloratura che calca i palcoscenici di importanti Teatri in Opere di grande impegno tecnico e interpretativo. Il fatto che oggi partecipi a questo spettacolo in cui non canterà nemmeno una nota significa semplicemente che: 1) è carnevale 2) anche i cantanti lirici hanno senso dell'umorismo 3) è affezionatissima al pubblico di SpazioTeatro89 4) pur non cantando, conta comunque di togliersi qualche soddisfazione prima della fine dello spettacolo.


Aska Carmen Saito, nata a Milano nel 1988 da madre giapponese e padre spagnolo, diplomatasi in pianoforte con il massimo dei voti, la lode e la menzione speciale presso il Conservatorio “G.Verdi” di Milano nella classe della Prof.ssa E.Ponti, ottiene il “Premio Giulio Forziati 2006” come migliore diplomato. Ha studiato con M°M.Fedrigotti, e M°O.Marshev. Attualmente frequenta il II anno del Biennio di Secondo Livello nel Conservatorio milanese sotto la guida della Prof.ssa S.Rumi.

Ha debuttato a otto anni nella Sala Verdi del Conservatorio, e da allora ha tenuto numerosi Recital in Italia e in Giappone. Di particolare importanza le performance a Milano, Chiostro del Conservatorio, “Società dei Concerti”, Società Umanitaria; a Mantova, Palazzo Ducale; a Napoli, Società Humaniter;

Dal 1996 ad oggi si è messa in luce classificandosi al primo posto in numerosi concorsi nazionali e internazionali, tra cui anche con l’orchestra, ottenendo riconoscimenti, borse di studio e concerti premio. Nell’anno 2003 ha vinto una delle cinque Borse di Studio del “XIII Concorso Nazionale Società Umanitaria-Milano” concorrendo con studenti di Conservatori di Musica di ogni strumento e senza limiti di età. Nell’estate del 2007 partecipa ai corsi di alto perfezionamento presso l’Accademia Chigiana di Siena col M°J.Achucarro.


Luca Schieppati, nato a Milano, si è formato con Paolo Bordoni e con Aldo Ciccolini. Vincitore o premiato in numerosi concorsi nazionali e internazionali, ha suonato in alcuni dei principali centri musicali italiani, esibendosi per prestigiose istituzioni concertistiche. All'attività solistica e cameristica, affianca un notevole impegno nella musica vocale da camera: in duo con il mezzosoprano Külli Tomingas forma il Duo L'Originale e la Copia, da anni apprezzato per i programmi che alternano musica vocale a trascrizioni per pianoforte solo. E' titolare della cattedra di pianoforte principale presso il Conservatorio Guido Cantelli di Novara. Convinto dell'importanza della divulgazione culturale, da alcuni anni è responsabile delle attività musicali degli Spazi Scopricoop e direttore artistico della Rassegna Musicale In Cooperativa per amare la musica – I concerti dello SpazioTeatro89 e del Concorso “Spazioteatro89 – Premio Encore! Shura Cherkassky”, con all'attivo l'organizzazione di tantissimi concerti, nonché di qualche (S)Concerto






Luci ed effetti audio a cura di Federico Ugliano, Luca Visciano e Carlo Beltrametti



















Per informazioni e prenotazioni: 0240914901; 0234536084; info@spazioteatro89.org



Il bue sul tetto. Ma cosa ci fa un bue sul tetto?!?

Ecco, se vi chiedete “Ma cosa ci fa un bue sul tetto” vuol dire che siete già sulla strada sbagliata; la prospettiva giusta è quella che induce a pensare “e perché mai un bue non potrebbe stare su un tetto?”. Del resto, sono tante le domande che ci poniamo e che, invece, sarebbe meglio non prendere neanche in considerazione, tipo “cosa ci fa mia suocera qui ed ora?”, oppure “perché tutto il mondo dovrà pagare un conto salatissimo per colpa di pochi speculatori che hanno venduto ricchezze che non esistevano?”. Le risposte potrebbero essere pericolose, quindi meglio tenerci sia la crisi economica, che il bue sul tetto (manteniamo un margine di dubbio magari solo riguardo alla suocera) e stare contenti al quia, godendoci, nel delirio della realtà, le piacevolezze del nonsense. Ed è proprio il nonsense, il gusto di sguazzare nel surreale, tra personaggi così grotteschi da sembrare veri e così veri da apparire grotteschi, che rende unico il Boef sur le toit sia nella pantomima firmata da Cocteau, sia nelle musiche scritte da Darius Milhaud. Copiate, per i suoi detrattori, che ritennero di ravvisare in questo caleidoscopio di melodie e ritmi sudamericani un eccessivo indulgere alla citazione letterale di temi che la fantasia di musicisti quali Marcelo Tupinamba, Josè De Souza, Ernesto Nazareth, per noi sconosciuti ma ben noti in Brasile, aveva già creato, e che Milhaud aveva avuto modo di conoscere durante gli anni (dal 1916 al 1919) della sua permanenza a Rio de Janeiro quale segretario del poeta-ambasciatore Paul Claudel. E’ comunque fuori discussione la qualità dell’elaborazione di Milhaud, che, oltre a creare ex-novo il mercuriale, irresistibile tema di rondò che inframmezza le altre danze, ha saputo trasfigurare la monocorde, oleografica esuberanza di queste in un ambiguo gioco di armonie politonali, in una fantasmagoria timbrica di rara raffinatezza, in un tutto organico e compiuto che, come immagine a un tempo ironica e nostalgica del Sudamerica, ci riporta alla mente, per intenderci, più le inquietudini dei Maradagal e Parapagal gaddiani che non il disneyano Saludos Amigos.

Del Boeuf, scritto nel 1919, esistono più versioni originali: per orchestra, per violino e orchestra, per pianoforte a 4 mani, per violino e pianoforte; Milhaud pensava inizialmente che il brano potesse servire da accompagnamento a una comica di Charlie Chaplin, da qui il sottotitolo di “Cinema-Fantaisie”; fu poi Jean Cocteau ad elaborare per il Bue sul tetto la trama di una pantomima da affidare agli allora celebri clown del circo Medrano, i Fratellini; lo spettacolo di oggi si ispira liberamente, molto liberamente, a questa trama.


Il segreto del Pulcinella

Se, come abbiamo visto, Milhaud dovette rintuzzare le accuse di plagio per aver saccheggiato le melodie di Tupinamba, immaginate cosa si sentì dire Stravinsky quando compose il suo Pulcinella con temi di Pergolesi. Poco valse il fatto che la provenienza dei temi venisse fin da subito dichiarata dall'Autore (in pratica che rivelasse il segreto di Pulcinella); si disse che la vena di chi aveva scritto Petrouchka e il Sacre si era inaridita; e con la stessa ripetitività con cui i Normanni bevevano Calvados nei Fiori blu di Queneau, i soliti bacchettoni gridarono al vilipendio per la contaminazione del puro Verbo pergolesiano con dissonanze, ritmi sincopati, frasi asimettriche. Il malumore dei bacchettoni potè però durare assai poco: il neoclassicismo inaugurato nel 1919 dal Pulcinella di Stravinsky divenne infatti l’esperanto della musica colta occidentale, una sorta di equivalente in musica del coevo razionalismo architettonico. Chi prima chi dopo, un po’ tutti i compositori attivi nel ventennio tra il ’20 e il ‘40, da Hindemith a Ravel, passando per Bartok, Poulenc, Petrassi e tanti altri, si adeguarono a questo linguaggio asciutto e anti sentimentale; così che si adeguarono alla fine anche i bacchettoni, per i quali il neoclassicismo rappresentò negli anni ‘50 la possibilità di un nuovo accademismo da ostendere contro gli esperimenti delle avanguardie post-weberniane. A quel punto, con l’anticonformismo che sempre l’aveva contraddistinto, Stravinsky si dedicò a una sua personalissima interpretazione della dodecafonia, aprendo dunque per sé l'ennesima nuova prospettiva e lasciando ai neoclassici del secondo dopoguerra il piacere di essere considerati dei post-stravinskiani.

Tornando al Pulcinella, si diceva dei Temi di Pergolesi; e si diceva male, perché recenti studi, ignoti all'epoca della composizione hanno attribuito gran parte di quei temi non al genio di Jesi, bensì ai meno noti Carlo Monza (c.a 1735-1801) e Domenico Gallo (1730-c.a 1792-96). Poco male, di chiunque fossero quei temi ora scherzosi e piccanti, ora soavemente malinconici, che per la maggior parte giacevano abbandonati nella biblioteca del Conservatorio di Napoli, dobbiamo essere grati a Stravinsky di averceli fatti conoscere e apprezzare, in una ricerca dei suoni perduti in cui la nostalgia non cede mai al languore, così come la costante ironia sa sempre resistere alla tentazione del cinismo.


Parade, o Par-Ade?

Ridere, ridere, ridere ancora/Ora la guerra paura non fa”, cantava (e spero canti ancora) Roberto Vecchioni nella sua canzone-cult Samarcanda; e per capire e apprezzare appieno la joie de vivre che sprigiona dal Boeuf sur le toit e dal Pulcinella dobbiamo certo anche pensare alla spensieratezza del primo dopoguerra a Parigi, quando la fine dell'inutile strage liberava gli animi da un incubo e la vita sembrava potesse tornare a essere quell'infinita galleria di meraviglie cui la belle epoque aveva abituato i parigini. Che dire invece, sempre dal punto di vista storico e sociologico, di Parade di Erik Satie? Scritto nel 1917, con le sorti del conflitto mondiale ancora incerte, con il massacro di Verdun appena terminato, viene immediatamente da chiedersi cosa potesse importare in quei giorni non solo al pubblico, ma agli artisti stessi, di un balletto che mette in scena uno strambo spettacolo di circo. Ma se superiamo, come sempre occorrerebbe fare, la tentazione di fermarci alle apparenze e indaghiamo più a fondo la natura di questo bizzarro, misterioso capolavoro (ebbene sì, di capolavoro si tratta), scopriamo che forse era tutto quello che, poco o tanto che fosse, degli artisti potessero offrire in quei tempi oscuri. Anche qui c'è lo zampino di Jean Cocteau, instancabile promotore di iniziative che riunivano più espressioni artistiche, autore del libretto su cui Massine disegna le coreografie. Anche qui, come due anni dopo per Pulcinella, è Pablo Picasso a disegnare i costumi e le scene del balletto. Ed Erik Satie, il più anziano (aveva allora 51 anni) di tutto questo gruppetto di geniali bohemiens, ma forse il più adolescenziale nello spirito, scrive per Parade delle musiche che sono una sfinge, un incrocio perfettamente equilibrato di purezza di linee e ambiguità di senso, a cominciare da un Corale che più che a un circo ci fa pensare a qualche cerimonia massonica à la manière del Flauto Magico, seguito da un Preludio che procede in pianissimo con un contrappunto a quattro parti reali, manco si preparasse l'Inno alla Gioia di Beethoven. E anche i brani che esplicitamente dichiarano il loro dover essere accompagnamento alle evoluzioni di prestigiatori, cavallerizze e trapezisti, pur a tratti arrembanti nei futuristi suoni e rumori (sirene, pistole, macchine per scrivere) previsti in partitura, presentano una sorta di straniamento un po' cubista, un po' metafisico1, che immediatamente colloca quanto avviene sulla scena più sul piano del sogno, o dell'allucinazione, che non della realtà, impressione questa confermata dal richiudersi del sipario, dopo un Finale che ci fa riascoltare tutti i temi precedenti, di nuovo sulle severe, introspettive sonorità dell’inizio. Questo carattere musicale ambiguo e sfuggente, insieme alla conoscenza della biografia di Satie, che non dimentichiamo essere stato adepto dell' "Ordine cabbalistico dei rosa-croce", oltre che fondatore della "Église métropolitaine d’art de Jésus-Conducteur", mi hanno fatto pensare che, forse, l'esoterico Erik abbia inteso il titolo Parade come un messaggio in codice, come un abile calambour: Par-Ade, ovvero musica da moderni psicopompi, come il manager del libretto di Cocteau, che cerca disperatamente di condurre un pubblico recalcitrante dentro al suo circo, ma senza riuscirci, perché la gente è già appagata da quanto visto fuori dal tendone, e non pensa proprio di pagare il biglietto per assistere all'intero spettacolo. E forse così, da artisti, ai quali in simili tragici frangenti è ingiusto chiedere sia il silenzio sia l’adesione più o meno convinta alla retorica nazionalista, Satie e i suoi sodali hanno voluto esprimere ciò che tutti i loro contemporanei pensavano, che lo spettacolo della realtà era troppo orribile per essere guardato oltre, meglio rinchiudersi nei propri sogni, nelle proprie visioni; perché, in fondo, ha ragione Shakespeare:

Siamo della stessa materia di cui sono fatti i sogni,

e le nostre piccole vite sono circondate dal sonno”

(La Tempesta, atto IV)


L.S.


1 Credo che l’unico vero circo di questa partitura sia quello riservato agli interpreti, con delle indicazioni sullo spartito a dir poco bizzarre; basti citare quel “Prendre un air faux” al cui dettato per ora né io né Aska Saito, sia virtù nostra o delle nostre mamme, siamo riusciti ad ottemperare.